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Sentire per ascoltarsi

Quando perdo la strada, mi sento confusa o semplicemente sopraffatta da tutti i pensieri che ho il vizio di caricare sulle spalle, torno qui, non nella mia casa di origine, ma in quella di destinazione, il luogo che ho fatto mio e che, spero, vedrà i miei capelli imbiancare.

Qui c’è lui, e lui da sempre appaga tutti i miei sensi.

Vista: l’orizzonte così lontano allarga la mia prospettiva, mi aiuta ad allungare lo sguardo oltre il qui e l’ora. Il suo colore mi avvolge anche quando da blu profondo si tinge di un verde minaccioso.

Olfatto: soprattutto in giorni di burrasca il suo odore mi invade le narici, apre i polmoni, mi costringe a respirare profondamente, rallentando il ritmo dei miei pensieri.

Udito: quando è calmo, il ritmico alternarsi di battere e levare delle onde mi trascina nel tepore del sonno e nella calma che segue. Quando è arrabbiato mi inonda di energia, di voglia di correre, di sentire la vita che mi pulsa nelle vene. Lo ascolto  e vivo…

Tatto: non serve arrivare a toccarlo, nell’aria che respiro e che sento sulle dita posso percepire la consistenza sabbiosa o la levigatezza, misura di un tempo immemorabile.

Gusto: in alcuni momenti lascio che mi abbracci, che mi avvolga e, una volta libera dalla sua presa, quando posso ancora vederlo, lo sento sulle labbra, lo assaggio lentamente e faccio in modo che quel sale, come il sudore di un amante, mi resti addosso più a lungo possibile.

Lui è il mare, il mio avo, il mio attimo presente, il mio incerto domani.

Lui è una coperta di salsedine, un soffio di vento, un lenzuolo di ossigeno, un cuscino di calma, un fremito di energia.

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