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Senza rete

Avete mai letto Orgoglio e Pregiudizio, o Cime Tempestose? Vi siete mai immersi nella lettura di un romanzo inglese, dove i personaggi contemplano la brughiera costantemente battuta dal vento, o corrono al riparo a causa di un acquazzone tanto improvviso quanto frequente?

Giorni fa ho avuto il privilegio di calarmi nell’atmosfera di questi paesaggi, e di catapultarmi tra le pagine di Jane Austen, Emily Bronte, e di quelle di una scrittrice decisamente più recente che sto apprezzando in questi giorni, Elizabeth Jane Howard.
Anna, una cara amica che vive nel Dorset ci ha invitate a casa sua; ho accettato, felice di poter dare alle mie figlie la possibilità di immergersi nel lifestyle inglese, quello di cui tanto sentono parlare nei loro libri di inglese: colazione a base di porridge, tea time con ipercaloriche torte e tè rigorosamente al latte, casette con giardino, cielo grigio e pioggerellina costante, nonché l’originale collezione di cappelli della mia amica.
Ho sperimentato qualcosa di nuovo anche io: grazie ad Anna, che a suo stesso dire conduce una vita da diciannovesimo secolo, non ha idea di cosa sia whattsapp e usa Internet solo per prenotare voli e mandare le foto del suo giardino alla moltitudine di conoscenti nel mondo, ho trascorso quattro giorni “senza rete”.
La cosa non ha destabilizzato le ragazze che ne fanno, almeno per ora,  un uso molto limitato, ma ha messo in difficoltà me.
Mi sono resa conto di essere mio malgrado “wifi” dipendente, di avere la tentazione di voler  esser sempre raggiungibile,  di dover verificare la veridicità di un’informazione, o recuperare il titolo di un libro, o il nome di un attore in tempo reale, controllare le notifiche ed essere costantemente aggiornata su tutto.
In quella piccola e accogliente proprietà invece il “tutto” ruota intorno al quotidiano, persino la tv è un elettrodomestico poco utilizzato, anche se necessario per guardare le previsioni meteo, fondamentali per l’irrigazione di fiori e orto, per l’organizzazione delle passeggiate, e per decidere se si potrà prendere il tè in giardino; così la sera si depone l’arma del telecomando, si abbandonano tastiere di tablet e computer e si esce a fare una passeggiata, o si gioca a carte.
Dopo le prime ventiquattro ore di smarrimento, in cui mi convincevo che nonostante tutto l’invenzione del telefono ha raggiunto anche il Regno Unito, e che in caso di necessità chiunque della mia famiglia in Italia avrebbe potuto trovarmi, ho cominciato ad apprezzare il mio nuovo stato: non “disponibile”, non “occupato”, non “felice”… semplicemente scollegato!
Ho smesso di controllare se c’erano messaggi, parlando di attualità la mano no si muoveva più autonomamente verso il telefono per consultare motori di ricerca, scattando foto le riguardavo per fissare nella memoria il momento, senza la foga di doverle “condividere”.
La sensazione di smarrimento si è trasformata velocemente in un senso di libertà, e la mente, sgombra da segnali, tacche, velocità di connessione, si è abbandonata alla bellezza del paesaggio, ha potuto ammirare in pieno le onde violente che si infrangevano contro l’isola di Wight, è diventata consapevole della disarmante, semplice bellezza di un giardino di rose a Millfont, ha assorbito in tutte le  loro sfumature i colori di ortensie, fucsie, clematis e piante di tutti i generi, che crescevano rigogliose ovunque, ha gustato appieno il sapore di lamponi e more appena colti in giardino.
L’ultima sera, visitando un castello bellissimo, in un giardino con un labirinto di siepi, un laghetto artificiale e  casualmente anche un tipico wedding party, abbiamo goduto la vista di un bellissimo tramonto, della foresta affollata di cerbiatti e cavalli,  e giurerei di aver visto in lontananza una coppia d’altri tempi, lei aveva un abito lungo e ingombrante, lui le teneva la mano, lei guardava altrove… Elizabeth e Darcy? Chi può dirlo…

 

“Va bene, va bene, lo scrivo… smettila di insistere! E comunque non ho detto una bugia, ho semplicemente omesso un’informazione, che tecnicamente può essere classificata come dimenticanza… comunque hai vinto, lo dirò! “
Scusate, non c’è niente da fare la spunta sempre lei, la mia coscienza… ebbene sì, confesso che un pomeriggio, mentre sfogliavo i libri usati di un charity shop, dalla mia borsa sono cominciati a giungere gli inconfondibili suoni di download di mail e messaggi. Mi sono guardata intorno con aria colpevole e poi, assicurandomi di non essere vista, ho preso il telefono e ho cominciato a scorrere famelica la posta, ho cercato di collegarmi con scarso successo al mio blog,  insomma sono ripiombata nella dipendenza da rete. Per fortuna Anna mi ha richiamata all’ordine: erano le diciassette e trenta, il negozio era in chiusura (!) e stavamo tardando per la cena (!). Così ho nascosto velocemente il dispositivo proibito e sono uscita; avevo percorso solo qualche metro e il segnale era sparito.
” Contenta ora? Ho spifferato tutto… e comunque si è trattato solo di cinque minuti..”
E’ passata una settimana, e accanto ai bei ricordi è ancora viva la sensazione di indipendenza, libertà provata mio malgrado, e che sono decisa a ricreare anche a casa; perché no?  Ogni tanto un giorno senza rete, magari oggi…Quasi quasi stacco tutto ed esco a fare un giretto…..click!

 

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