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Il rientro

Il giorno del rientro è arrivato: ho tentato di organizzare gli spostamenti in modo da renderlo meno stressante possibile: è già abbastanza triste dover lasciare parte della famiglia, mare e sole per immergersi nelle piogge monsoniche che hanno colpito la Lombardia, il mio terrazzo e i miei girasoli! Programmo dunque il trasferimento in aeroporto con un taxi, più comodo di due treni regionali e una navetta stazione/aeroporto. Ciò dovrebbe farci risparmiare un paio d’ore e un’ernia per sollevamenti vari di bagagli.
Il tassista arriva addirittura in anticipo, tutto sta andando anche meglio dei miei piani. E’ una persona molto socievole, chiacchieriamo un po’, gli racconto della mia disavventura di tre anni fa, quando a causa dei biglietti standby abbiamo aspettato dodici ore per riuscire a imbarcarci su un volo per Roma, e poi da lì su un altro per Milano.
La strada è libera, c’è poco traffico, la mia mente organizzata gode, sta andando tutto alla perfezione.

Interrompo la conversazione per rispondere a una telefonata, e l’avviso di un sms cattura la mia attenzione. Sbianco, e a differenza del solito la differenza si nota perché un po’ di sole l’ho preso anche io; chiedo al tassista di accostare. Ho appena ricevuto notizia dalla compagnia low cost con la quale avrei dovuto volare, che il volo è stato cancellato.

Il messaggio mi ridirige su un sito dove potrò decidere se essere rimborsata o riprotetta su altro volo. Scelgo la seconda opzione: sto per scegliere il volo della sera, ma esso scompare da quelli disponibili, digito immediatamente quello del giorno seguente, ma svanisce anch’esso in tempo reale. Due giorni di attesa sono decisamente troppi, opto dunque per il riborso e mi affretto a cercare una soluzione alternativa.
Il tassista intanto aspetta, le figlie, che mi conoscono, saggiamente tacciono.
Ho un problema  urgente da risolvere: devo ancora trovare un modo per tornare a Milano. La prima alternativa richiede l’accensione di un mutuo. Cerco qualcosa di più economico. Volo con scalo a Roma. Transito di un’ora. Esattamente come tre anni fa. Non ho altra scelta. Prenoto e dico all’autista di proseguire.
In aeroporto assisto a ira e disappunto di chi ha saputo della cancellazione una volta arrivato qui.
Abbiamo tanto tempo, facciamo shopping, bevo un caffè, le mie figlie fanno un paio di merende. Sono passate quattro ore, è il momento dell’imbarco, il display indica un ritardo di trenta, poi quaranta, infine sessanta minuti. I passeggeri in attesa chiacchierano tra loro: miracolo dei disagi, rende tutti più disponibili a socializzare e condividere le proprie esperienze.

La rassegnazione ha ormai preso il posto della rabbia, le ragazze mi guardano, sorrido e intanto penso a una notte fuori programma a Roma..

L’aereo finalmente parte. A Fiumicino “voliamo” da un gate all’altro e ci mettiamo in coda per l’imbarco… ritardo di trenta minuti. A bordo aspettiamo altri trenta minuti. Finalmente si decolla. Quando l’assistente di volo annuncia il nostro arrivo a Malpensa sono felice come se atterrassi a Rio, guardo le ragazze per condividere la mia gioia ma dormono, esauste.

Siamo al nastro bagagli, vedo le valigie scorrermi davanti e ripenso a tutti gli imprevisti superati… ma non a quello imminente, che aspetta di testare la mia pazienza: il nastro si ferma. La  valigia non ha seguito le nostre folli corse. Sono le 00.02 quando l’impiegato del Lost and Found, sorridente, mi consegna la denuncia di smarrimento.

Guadagno finalmente l’uscita. Saluto il mio compagno. Le ragazze, in macchina da un po’, continuano a dormire.

Wow.. niente male come ultimo giorno di vacanza: mi abbandono sul letto, ho avuto appena la forza di spogliarmi. Sento la tensione allentarsi: il mio cuscino, il mio materasso, il mio letto. Fuori un altro temporale imperversa, dentro mi sembra di essere in paradiso.

Tutto passa, quando sei finalmente a casa.

Notte!

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