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……ando sotto la pioggia

Eccolo, accessorio utile ma sempre assente quando ne abbiamo bisogno: dimenticato a casa, lasciato in macchina, diligentemente ricordato e utilizzato, salvo poi essere abbandonato a scuola, o al lavoro, perché, nel frattempo, il temporale che ci aveva dato il buongiorno si è arreso a un cielo azzurro che più azzurro non si può.
Ieri, nel mezzo di un ingorgo da ora di punta, bloccata nel traffico appesantito dalla pioggia, ho passato il tempo a osservare le varie tipologie di ombrelli, l’utilizzo che se ne fa, e pensavo che, malgrado il progresso, nessuna strana invenzione sia riuscita realmente a spodestare quest’arnese dal ruolo di mantenitore di piega, salvatore di cappottino in lana, vano protettore di teste quando di teste ne deve proteggere due, tre o più.
Le giornate piovose ci regalano un repertorio di modelli, formati, e utilizzi infiniti.
Avete mai visto i genitori nell’orario di uscita di una scuola elementare? Accalcati davanti al portone, con ombrelli che si incastrano l’uno con l’altro, simpatici scoli che ci inzuppano una manica o le scarpe… Ecco, ora provate a guardarli dal punto di vista di un piccolo cucciolo d’uomo, magari di prima elementare, che si affaccia sul cortile cercando mamma, papà o nonno, e vede un arcobaleno di colori, una specie di danza orientale di ombrelli che si alzano e si abbassano, ruotano, si incastrano, e nulla fanno trapelare delle sembianze di chi li agita: il piccolo cercherà di individuare colori o fantasie familiari, oppure proverà a pensare in quale punto del cortile di solito lo si aspetti…nel frattempo, sotto la coltre di tele colorate l’adulto di turno starà cercando di attirarne l’attenzione nei modi più strambi, naturalmente senza successo.
Tutt’altro scenario vi si paleserà davanti alle scuole medie: qui anche in caso di fitta nevicata gli scolari usciranno col giaccone in mano, l’ombrello dimenticato in classe, le scarpe di tela inzuppate che, stando al loro giudizio, non hanno assolutamente bagnato calzini né ciò che rimane dei loro piedi. Non so cosa capiti alla temperatura corporea dei nostri ragazzi, ma nell’età di pubertà e preadolescenza sembra che il freddo non li intacchi, e che facciano propri i sintomi della menopausa.
Essendo diventata grande, mi pregio ora di avere anche una visione dell’entrata uscita delle scuole superiori: ebbene qui torna ad essere in voga l’ombrello, o almeno il cappuccio, in mancanza dei due il genitore che accompagni lo studente fin davanti all’ingresso (dalla regia mi suggeriscono che anche la cartelletta di disegno è un ottimo riparo): paura di ammalarsi e perdere preziosissime ore di lezione? No. Non stiamo parlando di un finalmente sbocciato senso di responsabilità, una consapevolezza della frequenza con cui occorrono malanni in caso di prolungata esposizione all’umidità, bensì dell’esplosione dell’ormone, e con lui del ciuffo di capelli in dotazione all’esemplare di maschio, che non va assolutamente bagnato dopo ore di phon e gel, e del capello femminile piastrato, sul quale anche una sola, ripeto una sola goccia potrebbe essere fatale, trasformando la chioma liscia in cespuglio crespo nei tre gradini che separano il tetto scolastico dalla sfortunata testa: e allora via libera all’ombrello!
Un’invenzione però ci vorrebbe, un supporto al nostro antico e sempre attuale accessorio sarebbe d’uopo: se un cittadino vuole essere diligente, e non trascinarsi dietro il gocciolante ausilio anti pioggia in giro per uffici, locali di un negozio ecc., perché non inventare un portaombrelli che possa ospitare ombrelli grandi e ultra tascabili, consentendo la sopravvivenza dei piccoli, pieghevoli, maneggevoli e leggeri ombrellini, che nei secchi, cestoni o rastrelliere finiscono inevitabilmente in fondo, schiacciati, inzuppati dai colleghi più grandi?
Cercasi Archimede con invenzione del secolo!

 

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