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L’arte di essere fragili

Ho aspettato che il comodino fosse sgombro da altri libri già in corso di lettura, che la mente fosse libera da storie e personaggi in cerca di lettore; qualche giorno fa mi sono finalmente dedicata all’ultima opera di Alessandro D’Avenia.

Ricorderete il racconto di quel pomeriggio di novembre, in cui ho potuto incontrarlo e ho ricevuto un incoraggiamento e una dedica (Post Lettori in coda ..nov 2016)
Sapevo che tra le pagine di questo volume non c’erano ad aspettarmi personaggi ma persone, quelle che lo scrittore incontra quotidianamente, così come ero al corrente dell’identità del protagonista: non un adolescente in crisi, un prete coraggioso, una ragazza a un bivio, bensì un poeta caro non solo all’autore ma anche a me e, sono certa, a tantissimi altri lettori.
L’arte di essere fragili  potrebbe risultare a tratti complesso per un lettore non “allenato” a poesia, letteratura, analisi; compensano però i passaggi in cui D’Avenia confronta le ansie e le paure del poeta con le nostre, dando loro addirittura un posto preciso nelle diverse età dell’individuo.
E’ un libro che resterà a lungo tra i volumi di consultazione, quelli che di quando in quando vado a rispolverare; cercherò ispirazione, suggerimenti tra le righe di alcuni passaggi sottolineati, utili “tonici” per le giornate difficili, efficaci “anti depressivi” (chi se lo sarebbe spettato da un libro su Leopardi) quando l’arte di essere fragili, o semplicemente di vivere, diventa difficile da realizzare.
E ora mi rivolgo a te,  Alessandro, così come tu hai rivolto le tue domande o esposto le tue riflessioni a Giacomo.
Leggerti, caro Alessandro, è come prendere quel medicinale che ci fa passare una fastidiosa emicrania; scrivi  “..da insegnante e da scrittore sono chiamato a custodire, curare, riparare alunni e parole, proprio perché sono preziosamente fragili”. Per quanto mi riguarda sei un efficace riparatore anche di adulti, solo apparentemente meno fragili, potremmo dire dei fragili protetti dalla corazza dell’esperienza: ogni volta tra le tue pagine si rinnova il piacere di leggere e apprezzare la lingua italiana; il tuo scavare nelle parole, scovare in esse significati e sfumature inediti, mi trasporta in quel tuo mondo ideale, dove si legge per il gusto di leggere, e non per studiare.

Concludo citando un paio di passaggi molto preziosi per noi adulti: parlando della generazione che ti è affidata rifletti così: “abbiamo dato loro tutto per godere la vita, ma non abbiamo dato loro una ragione per viverla”. Ecco credo che questa lettura possa anche scuoterci dall’apatia, dal senso di impotenza nei confronti dei comportamenti dei nostri figli, che noi stessi abbiamo provocato, e restituirci la fiducia di poter cambiare, noi in primis, per far crescere loro. Perché, come scrivi tu, “provoca vocazioni solo chi ha trovato e vive la propria”.
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