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Cia utt on anu ma DSA

Riuscireste a studiare se i vostri occhi leggessero così o peggio? In realtà i buchi sono a volte macchie nere, come le chiama mia figlia, o macchie di cioccolato, come ama definirle qualcun altro.
Ciao a tutti, sono una mamma DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), ho conosciuto questo mondo scoprendo uno di questi disturbi in mia figlia, imparando a chiamarlo per nome, ad affrontarlo accanto a lei, fianco a fianco, tutti i giorni.
Ho scoperto così che leggere lentamente, non ricordare le tabelline non si traducono in pessimi risultati scolastici o scarsa motivazione allo studio, ma spesso portano a soddisfazioni apprezzate perché risultato di duro lavoro. Ho imparato che accettare il disturbo è il primo passo verso il successo, che non vuol dire mai superamento di esso ma sua corretta gestione. Ho scoperto che incoraggiamento e rinforzo positivo sono i primi ingredienti nell’approccio del genitore e dell’insegnante. Ho appurato che è fondamentale che scuola e famiglia lavorino in team, sfruttando le potenzialità e fornendo gli strumenti più adatti per ciascuno, imparando l’una a non considerarli privilegi ma “attrezzi di lavoro” necessari, l’altra a non ritenersi in diritto di facilitazioni eccessive che a volte, invece di aiutare i propri figli, li fanno adagiare nel pericolosissimo atteggiamento del “..tanto non ci riesco…”.
La maestra di mia figlia alle elementari usava un esempio perfetto per abituare la classe ad accettare il concetto di diversità: diceva che per la verifica un alunno poteva aver bisogno di occhiali mentre l’altro di una calcolatrice, o di maggior tempo e che questi erano tutti ausili, nessuno aveva un vantaggio rispetto all’altro, ciascuno possedeva invece l’arma giusta per affrontare la prova.
Vorrei che più adulti provassero ogni tanto a togliere i propri occhiali e tentare di leggere, lavorare, insegnare senza: capirebbero che DSA e miopia non sono così diversi, che affrontare un test senza occhiali mette lo studente in grande difficoltà, proprio come affrontarlo senza avere il tempo necessario.
Sono una mamma DSA, ho passato anni a inseguire mia figlia con un retino, come si fa con le farfalle, a tenerla ferma a una scrivania aiutandola a mantenere la concentrazione, a convincerla che non doveva accontentarsi del sei, che era brillante in tante attività e che saper leggere ad alta voce non è così importante.

Oggi so che ne è consapevole: fatica il doppio degli altri, impiega il triplo del tempo, ma non demorde. La fatica è tanta ma la tenacia resiste: la vedo correre su un tapis roulant sempre in salita, sempre in corsa. Quando si ferma è stremata, e a volte non ha ancora finito i compiti. Asciuga il sudore, beve un po’ d’acqua e riparte. Perché sa che può arrivare. Ogni giorno trova strategie nuove, escogita metodi di studio personali. Ha imparato a non badare al cronometro ma al traguardo. E a quel traguardo ci arriva.
La citazione di oggi è per Alice e tutti i DSA, l’autore è un dislessico diventato celebre non per il suo disturbo ma per le sue scoperte. Si chiamava Albert Einstein:
“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.”
Postilla: a volte gli informatici non sono solo pieni di numeri ma anche di  parole sagge. Ho scoperto quelle di Einstein grazie al mio prezioso e paziente consulente, il curatore di grafica e comunicazione del mio nuovo blog.

Ho quindi un altro motivo per dire: grazie, Luigi!

Illustrazione: www.flickr.com

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