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Pensieri tra le foglie

E pensare che fino a qualche anno fa questa era la stagione che amavo di meno: guardavo fuori dalla finestra e venivo avvolta dalla malinconia; la natura moriva, o almeno a me pareva così, e io mi intristivo.
Col tempo ho imparato ad apprezzarne i pregi, ora le passeggiate nel bosco di novembre sono decisamente le mie preferite. Calpesto quello che già in altre occasioni ho definito un croccante tappeto di foglie, e non smetto di stupirmi nell’ammirare quanti colori possa sfoggiare, contemporaneamente, lo stesso albero, dove scorgo esplodere il giallo, resistere il verde, affacciarsi il rosso, dominare il marrone. La vegetazione non mi appare più come foriera di morte, freddo, assenza: al contrario sembra essere al culmine della propria bellezza,  pavone inanimato che mostra il meglio di sé prima di arrendersi all’inverno.
Cammino incantata, ammirando ciò che mi si presenta davanti, e sotto le mie scarpe.
Di tanto in tanto incontro qualcuno; lungo il sentiero sono schierate delle panchine, spesso occupate da uomini soli, che guardano la gente passare, mentre con la mente sono chissà dove.
 Lungo il cammino incrocio una coppia, li supero, poi non resisto e mi volto a guardarli. Hanno superato da tempo il loro autunno, camminano lenti ma fieri, si tengono per mano in modo che l’incertezza dell’uno venga sostenuta dalla momentanea stabilità dell’altro: l’effetto è un passo composto, regolare, sicuro.
Guardo quelle dita intrecciate e le immagino su questo stesso sentiero, nel pieno della loro primavera: mi figuro una falcata più decisa, un passo più baldanzoso, ma lo stesso suolo di foglie, solo con un orizzonte diverso.
La coppia si allontana, li vedo tenersi, non si percepisce chi sorregga l’altro, non importa, ciò che conta è che una mano possa ancora intrecciare l’altra.
Mi torna in mente di nuovo lui, ancora Montale, e la più bella dichiarazione d’amore che un uomo possa fare alla donna amata:
“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue. ”
 
Mi avvio verso casa, lungo il mio sentiero, penso a quanto sia affascinante,  pregno di vita, incontri, esperienze,  passati e futuri  che accoglierò con curiosità e gratitudine, qualunque sia la stagione in cui mi troverò a percorrerlo.

 

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