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A casa nostra si parla l’italiese

Ho sempre pensato che una famiglia bilingue fosse una fortuna: si parlano contemporaneamente due lingue, se poi una delle due è l’inglese, tanto meglio.

Cosa accade però realmente in una di queste dimore? Ve lo dico io, membro di un nucleo sui generis dove non solo italiano e inglese si incontrano, ma si mescolano tra loro accenti, cadenze di ogni parte di Italia e del mondo.

Sono romana, ormai è noto, ma le mie figlie sono nate e cresciute al nord: ecco già crearsi uno scontro di e aperte o chiuse: io sto bène, mentre loro stanno béne: io dico quésto e loro invece quèsto. Eppure con il loro accento lombardo mi chiedono se mi sono ricordata di comprare la mortazza (quel divino alimento che ben si accompagna alla pizza bianca romana e che qui chiamano….Bologna!!!!) e in momenti di particolare soddisfazione azzardano un “e ‘nnamo!”

Quando poi il confronto si allarga all’inglese il mio accento che è un mix tra americano, canadese e chissà cos’altro si scontra con quello sudafricano  del mio compagno, e allora sì che comincia il divertimento, io bevo uarer (water: acqua), mentre lui sorseggia uotar, lui ha due doutars (daughters: figlie) mentre io ho due darers (inorridisco io stessa nel trascrivere in modo errato ma serve a rendere l’idea).

Fin qui potremmo parlare di scambio culturale, confronto tra accenti o regionalismi. Ma c’è di più. Perché le due lingue a casa nostra non si fermano al confronto, bensì si incontrano, scontrano, mescolano per poi dare vita a conversazioni come la seguente:

-Ciao amo’,  I had a tough day, what about you?-

-Lassa perde, you won’t believe what happened at school (………) ma tte rendi conto?-

-Amore, I told you mille volte, you should take it easy, dai non ci pensare, please ciapp me a beer.-

-You’re right but I cannot deny I feel a bit moscia in my heart-

-Never mind, passerà. I have imparatod, you wil learn too-. Qui dobbiamo fare una pausa e soffermarci su questo attaccamento al verbo regolare del mio partner: per lui tutti i participi passati devono avere il suffisso ed, come in inglese: quindi lui ha trovatod, mangiatod , dormitod, ieri un tizio al semaforo gli ha “imbruttitod “(cit.)

Noi non parliamo italiano o inglese, noi parliamo italiese, scatenando l’ilarità di conoscenti e lo smarrimento di sconosciuti: una volta una coppia di finlandesi, dopo averci sentiti conversare per un po’, ha superato la tipica riservatezza nordica per azzardarsi a chiedere: -Where are you from? What language do you speak?-

Credetemi, cari lettori, questa volta non è la mia creatività che scrive, mi limito alla pura cronaca: abbiamo inventato una lingua tutta nostra, un nuovo lessico familiare “internazionale”.

Interrompo qui il mio post, anche se sospetto avrà un seguito: devo correre in cucina. Ho appena ricevuto il seguente messaggio:

“Amore, I am on my way, What’s for dinner? I am so hungry, I’ve got to magna’.”

Vado in kitchen e mi metto al lavoro 🙂

 

 

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1 Comment

  • Alice 5 years ago Reply

    You sei absolutely right!

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